«La pena è stata pesante, la vita umana è diventata niente. All’odio si può reagire con l’amore». Con la toccante storia di Sami Modiano, sopravvissuto all’inferno della Shoah, in classe abbiamo commemorato il XXI Giorno della memoria. Una testimonianza ascoltata, in modalità remota, grazie all’evento “Walter Veltroni intervista Sami Modiano”, organizzato il 27 gennaio scorso dall’Associazione Figli della Shoah in collaborazione con il Conservatorio di Milano, il Sole 24 ore e Feltrinelli Editore. Sami Modiano, all’età di 8 anni, è stato espulso dalla scuola, sull’isola di Rodi, all’epoca colonia italiana, perché di razza ebraica. Nel 1944, quando aveva 13 anni, è stato deportato al campo di Auschwitz - Birkenau, dopo un mese di viaggio in condizioni disumane insieme alla sorella Lucia e al padre Jacob. Hanno scoperto in seguito di essere arrivati fino «alla rampa della morte». I suoi familiari non ce l’hanno fatta. Il padre però, prima di morire, aveva detto a Sami che avrebbe dovuto resistere, parole indimenticabili che gli hanno consentito di non arrendersi. Intanto i ragazzi e i bambini venivano bruciati e ammazzati in quelle grandissime e bruttissime camere a gas. La sua storia è descritta oggi dal giornalista e scrittore Walter Veltroni nel libro “Tana libera tutti”, titolo che esprime il desiderio comune di chi era finito nei lager, ovvero uscirne vivi. «Io non volevo sopravvivere, volevo stare al fianco di quelli che ho lasciato là - racconta Sami - Poi ho cominciato a chiedermi: “Perché io?” Questo punto interrogativo mi ha tormentato tutta la vita». Modiano ha spiegato che per tanti anni non ha voluto parlare della sua esperienza poiché temeva che non l’avrebbero creduto, ma dopo 60 anni è tornato ad Auschwitz con Veltroni e un gruppo di studenti e ha capito che si sbagliava. Pur avendo rivissuto un dolore assurdo, si è accorto che anche quelli che erano con lui avevano le lacrime agli occhi: «Il Padre eterno ha voluto scegliere qualcuno perché si sapesse cos’è successo». Ci ha colpito sentire che noi ragazzi siamo «la speranza di domani» e che, quando i superstiti dell’Olocausto non ci saranno più, ci toccherà fare la nostra parte affinché un orrore simile non si ripeta.
Ayoub, Antonella, Martina C., Martina S., 2^A
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