Grazie al materiale audio fornito dalla Compagnia Diritto e Rovescio abbiamo visitato un brano molto conosciuto ma sempre molto emozionante della nostra letteratura; e ne abbiamo trovato dentro un altro, ancora più conosciuto e vibrante, simbolo dell'umano bisogno di conoscenza, capace di offrire un barlume di speranza anche durante una delle vicende più buie della nostra Storia.
“Se questo è un uomo” di Primo Levi narra dell’esperienza dell’autore nel campo di concentramento nazista di Auschwitz. Il brano ascoltato dalla voce dell’attore Roberto Herlitzka, estratto dallo spettacolo teatrale “Il canto di Ulisse”, ha come protagonisti Primo e Jean "Pikolo". Con l’intento di insegnare a Jean la lingua italiana, Primo richiama alla memoria il XXVI canto dell’Inferno di Dante, in cui è narrato il “folle volo” di Ulisse. I versi che descrivono a pieno l’idea di Primo Levi sono: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Ulisse, infatti, rappresenta la sete di conoscenza, che è la qualità essenziale dell’uomo; una vita senza conoscenza costituisce una vita degna di un animale. Primo Levi, attraverso il ricordo di Dante, fa risalire in superficie la memoria della vita vissuta fino a quel momento da Jean e Primo, che la logica dello sterminio nazista cerca in tutti i modi di annullare.
Zoe, 1D
Nel romanzo “Se questo è un uomo” Primo Levi racconta la sua terribile esperienza presso il lager nazista di Auschwitz. L’esperienza allucinante che l’autore vive in prima persona è così terribile che lui stesso la paragona all’inferno dantesco. I riferimenti all’Inferno di Dante sono molteplici, ad esempio una volta arrivato nei pressi di Auschwitz e caricato su un camion, Levi si sente come uno di quei dannati adunati sulle rive di Acheronte per essere trasportati all’Inferno; solo, il soldato tedesco paragonato al moderno Caronte, invece di avere gli “occhi di bragia” che “batte col remo qualunque s’adagia” domanda cortesemente in tedesco e in lingua franca ai prigionieri se avessero danaro o orologi da cedergli perché una volta usciti non gli sarebbero più serviti. Il capitolo in cui si evidenzia di più il riferimento dantesco è intitolato “ Il Canto Di Ulisse”. In questo capitolo il deportato Levi insieme a un compagno di nome Jean viene incaricato di andare a prelevare la gamella per il rancio. Durante il percorso Jean gli rivela il suo amore per l’Italia e il desiderio di voler imparare la lingua italiana e da qui a Levi viene in mente di recitare il canto di Ulisse di Dante. Il viaggio di Ulisse verso il mare aperto indica forse la libertà dal carcere disumano in cui lui si trova deportato.
Primo, cercando di ricordare a memoria i versi, si sofferma sui versi "fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtute e canoscenza". Ulisse, descritto nel proemio dell'Odissea come l'uomo dal multiforme ingegno, nel suo viaggio incita i suoi marinai a non rimanere ignoranti, ma a cercare sempre una risposta. In Dante, Ulisse, spinto dalla curiosità, muore dopo aver superato le colonne d'Ercole dopo aver intravisto la collina del Purgatorio. Primo Levi usa i versi di Dante per salvarsi dalla disumanità di Auschwitz, dove l'uomo e la donna non esistono più, sono trattati peggio delle bestie, esistono soltanto la fame, il freddo e il dolore. Lo spirito è morto. Ricordando i versi di Dante, Levi cerca di ritrovare l'umanità che i tedeschi con la loro brutalità hanno tolto a tutti i prigionieri del campo.
Alessandro e Giovanni, 2C
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